sabato, settembre 24, 2016

L'addio

Dio Greco addio. 
La tua partita è finita qua.
Mai più il vento e le stelle
Senza la casa sul mare.
Mai più la voce di un bimbo
Assorto in giochi di sabbia.
Saranno estati senza le onde 
Saranno deserti senza il tuo viso.
Mai più il tempo conterà le tue sere
E i baci degli alberi al vento.
Come i tuoi occhi dispersi a contare le onde.
Mi guarderai da lassù cercare sempre
L'Amore


giovedì, luglio 07, 2016

Arabesque 7.7.96

10 mesi Indimenticabili e struggenti   

Auditorio S. Cecilia  Via della Conciliazione  Fila 1 posto 21  

Fila 1 posto 21 platea. E' la mia poltrona in abbonamento ai concerti dal 1987. Sempre quella.
Tutti i martedì ore 19 e 30 e ci vado da sola.  21 è lato sinistro rispetto al palco perché voglio vedere il profilo del Maestro e la sua fronte imperlata di sudore e il dolore e la gioia sul suo volto.
E da quella posizione posso seguire  le mani del pianista e il suo sussultare sullo sgabello un microsecondo prima dell'emozione.
E se c'è l'assolo del violino guarda sempre  verso sinistra.

Devo però fare una premessa per i profani a cui capitasse di  leggere questo racconto.
Fin da bambina, già piccolissima, mi affascinava la musica. Certe volte i miei genitori mi scoprivano a piangere senza motivo mentre ascoltavo certi brani di musica classica.
Il perché  l'ho capito dopo, piangevo perché sapevo riconoscere il dolore attraverso le note di chi le aveva scritte  e diventava anche il mio dolore.
Ma c'era di peggio. La musica mi portava e mi porta fino al limite estremo di comprendere l'universo e stare a un passo dal  capirlo tutto per poi essere ricacciata indietro.
Questo modo di sentire pervaso da una sensibilità estrema  ha reso complicati e selettivi tutti i rapporti umani. Il primo attore è stata sempre la mente e la musica il filo conduttore.  Il corpo poi è stato  solo uno strumento.
Ma grazie a questo ho avuto dalla vita solo grandi emozioni. A volte quasi insostenibili in quanto  simili al limite estremo.
Non è una giustificazione per questo racconto che è, in fondo, un tradimento agli occhi dei comuni mortali ma che ci sarebbe comunque stato anche senza la complicità del corpo.
     
La stagione 1995 1996 va da settembre a metà luglio e ha un programma ricco di concerti tra i miei preferiti. Quelli che ho ascoltato mille volte con esecuzioni e direzioni diverse.
Il 3 settembre 1995  un'apertura inusuale. Concerto in fa Gershwin  La demarcazione tra passato e epoca moderna. Il precursore del jazz.
I concerti del martedì sono frequentati da un pubblico anziano. E poi ormai sono pochi i giovani che si avvicinano alla sinfonica.  Io con i miei 48 anni sono un'eccezione.
Arrivo come sempre alle 19. Ricordo perfettamente come ero vestita. Scendo le scale lentamente con un modo che mi appartiene, quasi dondolando, che attira gli sguardi verso il mio semplice tubino bianco.  Il mio colore preferito. Sono alla fila 1 sotto al palco.
Incrocio gli occhi del posto 19. Lui capisce al volo che sono io il 21. Si alza e sorride e mi indica il mio posto e annuisco con la testa e sorrido appena. Devo superarlo per sedermi vicino. Mi lascia lo spazio, poi si inchina un po' e mi siedo.
Nel semibuio vedo  le sue mani magre e nervose. Non mi giro a guardare il suo profilo mentre lui, lo sento,  indugia sul mio.
Forse avrà la mia età qualche anno in più?  No. Circa una decina di anni in più concludo. Un ciuffo ribelle gli scende sulla fronte. Questo sarà il mio compagno  per tutta la stagione penso tra me. Arriva l'intervallo. 15 minuti.  E di solito vado a fumare nel  foyer.
Lui si alza e mi chiede se può accompagnarmi. Perché no? Rispondo. Anche lui fuma e nel tempo della sigaretta parliamo solo di musica. Scopriamo insieme di amare gli stessi autori, le stesse esecuzioni e di aspettare entrambi il 7 luglio per il concento n. 3 di Rackmaninov che chiude la stagione.
Mi chiamo Norberto e lei? Io Cecilia. Lui mi guarda stupito come incredulo.  Il volto si distende in un sorriso solare. Poi mi dice "mia nonna mi ha introdotto alla musica. E Cecilia è la musica! Mi strappa una risata. Poi chiede se vengo sempre da sola ai concerti.
Rispondo in  modo schietto. "Vengo sempre  da sola perché avere accanto qualcuno per compiacenza, che si annoia e che non "sente"  mi metterebbe in imbarazzo.
Gli occhi sono grigi ma non celesti, Inseriti in un volto spigoloso. La mascella marcata e la fossetta sul mento. Il corpo nervoso magro e asciutto. Sarà alto un metro e ottanta. Colgo gli sguardi degli altri. Si soffermano su di noi.  Non capisco il perché subito ma poi, girandomi, vedo le nostre persone riflesse negli specchi del bar dove siamo. Come un'aura ci avvolge e siamo belli.
Per quei lunghi 10 mesi aspettavo il martedì come un regalo.
E la gioia dei suoi occhi quando mi vedeva arrivare era come un abbraccio a tutto il corpo.
Era come dire: "grazie per essere ancora qui". E una sera mi chiede. "Cecilia le sue mani sono quelle di una suonatrice d'arpa" Ma no, rispondo io , purtroppo no anche se mi sarebbe piaciuto.
Eppure tra di noi, negli intervalli di un quarto d'ora passati a fumare , nessun accenno alle nostre vite, nessuna domanda da parte di entrambi, forse, volutamente evitata. E ci davamo del lei.
Ma poi quando calava il silenzio, quando il maestro sollevava la bacchetta per dare l'inizio ecco allora, come un campo magnetico ci avvolgeva entrambi. E pur nella mia immobile e composta posizione sentivo il suo respiro affrettarsi e il cuore accelerare come quando sei preso da un'emozione.
La stessa cosa era per me e ci percepivamo perfettamente entrambi. Come se quelle note le avessimo scritte insieme.
E alla fine erano orgasmi puri e perfetti compresi i brividi che dalla nuca attraversavano tutta la spina dorsale e gli spasmi e le onde di piacere. In quei momenti ho pensato che nel Paradiso Terrestre questo doveva essere l'amore tra due menti e due anime che si uniscono.
Non un peccato. Sono le bigotte regole terrene dettate da uomini non ancora evoluti, attratti solo dal corpo e non prima dal pensiero e dall'anima , come gli animali,  che lo vogliono far pensare.
Intanto eravamo arrivati alla chiusura della stagione che per consuetudine avviene il sabato e non il martedì.  Col tanto atteso Rac 3
All'ingresso mi consegnano  un cartoncino con avviso. Il concerto n. 3 di Rachmaninoff   è stato sostituito con altro programma.
Delusione. La trovo stampata anche sul suo volto appena mi siedo.  Entra l'orchestra e inizia lo sconclusionato suono degli accordi  di tutti gli strumenti.
All'improvviso la sua mano afferra la mia: "Vieni con me" .Ti alzi e mi trascini su per le scale di corsa. Usciamo in Via della Conciliazione. lo interrogo con gli occhi. Ma ho capito e so. Continuiamo a correre verso la Basilica ed è l'ora del tramonto a Roma. Cielo rosa e azzurro ma non ci capisco più niente. Due mani mi infilano un casco. Salgo su un bolide a due ruote enorme.  "Aggrappati a me" "Sono poche centinaia di metri". Scorre Castel Sant'Angelo dipinto di rosa, scorre lungotevere, scorre pure il mio sangue nelle vene. Non è più un pensiero. E' la realtà. Ci fermiamo e leggo la targa sul portone "Notaio Norberto,,,," . Saliamo. Lui dice " oggi è sabato non c'è nessuno" e accende col telecomando  Rac 3.  Tutto il resto non lo posso raccontare ma, quando voglio, con quel concerto tu sei con me.
Poi arriva l'alba gli chiedo se ha una copia della "Morte del cigno". Mi servono solo gli ultimi 3 minuti. Perché? Mi domanda incuriosito. "Trova quella traccia", rispondo, ... sono gli ultimi 3' e 30''.
Inizio a ballare e sono convinta di non aver mai interpretato meglio quella morte. A piedi nudi. Eppure volavo sulle punte senza scarpette. Era Cecilia che moriva, non il cigno.
Alla fine i miei capelli erano fradici e tutto il corpo bagnato di sudore che non riuscivi quasi ad abbracciarmi. 
M'hai detto; "faccio tabula rasa della mia vita e ricomincio da te. Ti amo e non l'ho mai detto a nessuna".  "non posso ho troppi doveri adesso" ti ho risposto. "Ma ti amo anch'io"